Feltre. Ad un'anno dall'inizio della pandemia l'ULSS Dolomiti ci regala un intervista ad un professionista dell'ULSS Dolomiti impegnato anche in questa battaglia: Stefano Calabro direttore della Pneumologia di Feltre. Eccovi l'intervista per la quale ringrazio Pamela d'Incà, dell'Ufficio Relazioni col pubblico dell'ULSS Dolomiti.
Quali considerazioni a distanza di un anno dai primi casi di COVID-19 in Veneto? È stato un anno impegnativo. Il COVID-19 ha determinato rilevanti problemi sanitari, che hanno coinvolto, anche dolorosamente, molte persone.
Successivamente si sono aggiunte le importanti
conseguenze economiche, che a tutt’oggi permangono e non dimentichiamo i
rilevanti secondari impatti psicologici, che hanno coinvolto soprattutto, ma non
solo, i giovani.
Il problema purtroppo permane ed ora dobbiamo anche
affrontare le varianti del virus, ma con responsabilità, resilienza ed impegno collettivo ritengo ne
potremo senz’altro uscire.
Certo occorre che tutti facciano la propria parte; mi
riferisco al mantenimento del distanziamento fisico, quando necessario,
all’utilizzo delle mascherine e ovviamente all’adesione alla vaccinazione
anti-SARS-CoV-2/COVID-19.
Il sistema sanitario in questa fase, rispetto
all’inizio della pandemia, è ben strutturato ed operativo; anche questo è un
elemento importante che ci fa essere cautamente ottimisti.
La prima fase della pandemia è stata difficile e molto
impegnativa.
E’ stato subito organizzato un percorso
per il paziente COVID-19, che partendo dal Pronto Soccorso si articolava fino
alla Terapia Intensiva.
In breve tempo abbiamo convertito la nostra Unità
operativa di Pneumologia a Centro per l’assistenza ai pazienti con COVID-19,
come da indirizzo regionale.
In seguito nell’Ospedale di Feltre si sono identificate
aree di degenza diversificate in base alla gravità clinica dei pazienti con
COVID-19.
Molti medici ed infermieri dell’area medica e anche
chirurgica dell’ospedale hanno
collaborato per rendere possibile un’assistenza diversificata per questi pazienti.
Noi, come pneumologi, abbiamo assistito i casi gravi
che richiedevano anche ventilazione meccanica non invasiva.
Devo ringraziare i medici, gli infermieri e gli operatori socio-sanitari della Pneumologia per il costante impegno assistenziale, che continuano a garantire con professionalità e umanità.
Quale è stata la soddisfazione più grande? Come direttore la soddisfazione più grande è stata verificare la capacità di risposta positiva della mia azienda socio-sanitaria e della mia struttura ad un improvviso stato emergenziale.
Altra soddisfazione è l’aver constatato la
vicinanza della popolazione.
Sapevamo che fuori l’ospedale eravamo
sostenuti; questo è stato importante nella prima fase, che è stata difficile
e impegnativa.
Sostegno che si è anche concretizzato con
donazioni di apparecchi medicali. La popolazione ha espresso in questo periodo
un chiaro sostegno a chi opera nel sistema sanitario sia ospedaliero, sia
territoriale. È un segnale che ci ha aiutato molto.
Per me, che credo fortemente nel ruolo
della assistenza sanitaria pubblica e del suo necessario legame con il
territorio, questo è un aspetto molto importante.
È un sistema
territorialmente diffuso, forte di professionalità e dotazioni strumentali;
questo ha agevolato la capacità di gestione dell’emergenza, anche nelle
situazioni critiche, che si sono comunque manifestate in alcune aree della
regione.
L’attuale pandemia
ha portato molti a riflettere su come sviluppare
in futuro una innovazione migliorativa del sistema socio-sanitario.
A livello
ospedaliero si è confermata la necessità di avere una diffusa e qualificata rete assistenziale.
Come specialisti
pneumologi abbiamo da anni sostenuto la necessità di mantenere la rete
pneumologica regionale e in questo la Regione del Veneto ci ha nel tempo
sostenuto.
Nell’emergenza
COVID-19 tale organizzazione è risultata utile e la presenza diffusa delle pneumologie
nella regione ha fortemente contribuito all’assistenza dei pazienti con
insufficienza respiratoria.
Questo è stato possibile grazie alla flessibilità
organizzativa delle strutture pneumologiche ed è stata sostenuta da una
consolidata esperienza medico-infermieristica nel trattamento nel paziente
critico respiratorio.
In questo periodo emergenziale la maggior parte delle
pneumologie ospedaliere, l'80-90% nel Nord Italia, si sono trasformate in
reparti di subintensiva respiratoria.
Un altro punto di riflessione
emerso nel corso della pandemia è il rapporto
tra territorio e rete
ospedaliera.
Ho constatato con piacere che nel nostro territorio
questo non è stato un aspetto di criticità.
I consolidati rapporti locali tra ospedale e
territorio hanno permesso di sviluppare una stretta sinergia
assistenziale. Nella prima fase il
Distretto ha anche contribuito fortemente a mantenere in equilibrio il sistema,
raccordando l’attività dell’Ospedale con quella degli Ospedali di Comunità.
È un’ulteriore evidenza di come occorra sviluppare con maggior
incisività il raccordo di continuità funzionale tra ospedale e territorio.
La Sanità post COVID dovrà
rinnovarsi.
Per quanto riguarda
specificatamente il futuro della mia specialità ritengo che due dovranno essere
le direttrici: da
una parte la gestione diagnostico-terapeutica dei pazienti respiratori critici,
dall'altra lo stretto rapporto con il territorio per creare una sanità di
prossimità, come componenti di un sistema più complesso. Entrambi gli aspetti
hanno bisogno di organizzazione e innovazione.
Ora siamo impegnati
nella prevenzione e nell’assistenza delle persone con COVID-19, stiamo
però già programmando il dopo COVID.
Dobbiamo
tutti impegnarci, comportandoci consapevolmente, per poi ripartire su basi diverse
ed auspico che questo brutto periodo possa diventare l’occasione per
migliorare.
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