mercoledì 24 febbraio 2021

Intervista al commissiario ULSS Dolomiti Adriano Rasi Caldogno: un anno di Covid-19

Belluno. Un anno è passato dall'inizio dell'epidemia di Covid-19 e in occasione di questo anniversario il Commissario dell'ULSS 1 Dolomiti Adriano Rasi Caldogno ha rilasciato un intervista attraverso l'ufficio stampa dell'ULSS.

Come sono cambiate le abitudini e le proprietà dell'ULSS Dolomiti la pandemia? La pandemia ha messo a dura prova la nostra Azienda, ha cambiato le nostre abitudini e le nostre priorità.

A gennaio-febbraio 2020 eravamo partiti, come tutte le aziende sanitarie, in base alle indicazioni che provenivano da Regione e Ministero, ad approfondire il tema, a fare scorta di dispositivi di sicurezza, a fare formazione. L’ipotesi del contagio, che all’inizio sembrava lontana, si è avvicinata rapidamente.

Fin da subito ho capito che sarebbe stato per me e per tutti come correre una maratona: era fondamentale mantenere lucidità e affrontare un problema alla volta. Tante le notti insonni, le domeniche passate in ufficio, i momenti di tensione da gestire, le emozioni da trasformare in forze positive, gli sfoghi da accogliere.

Prontamente tutta l’Azienda tutta si è adoperata con impegno: i sanitari in prima linea ad affrontare una malattia di cui si sapeva poco, le direzioni di struttura a coordinare la riorganizzazione dei servizi in breve tempo, l’area amministrativa a svolgere un immenso lavoro per acquisti, assunzioni e logistica.

L’Azienda ha dimostrato di sapersi adattare con flessibilità all’emergenza, declinando in concreto la possibilità di ampliare o comprimere i servizi in base alle necessità, sia ospedalieri che territoriali. Le aree covid sono state aperte o chiuse “a fisarmonica”, così come sono state allestite rapidamente delle linee di lavoro che prima non esistevano; penso, ad esempio, alla capacità di eseguire e leggere tamponi, al contact tracing, alla campagna vaccinale di massa: il Servizio Igiene e Sanità Pubblica ha acquisito 100 nuovi professionisti in pochi mesi.

Quali sono stati i momenti più difficili che si è dovuto affrontare? Ci sono stati momenti difficili, come quando il contagio ha coinvolto le case di riposo nella prima ondata, quando eravamo meno preparati, o il picco della seconda ondata con oltre 200 persone ricoverate e 5 mila positivi in provincia. In certe giornate controllavo il cruscotto aziendale dei ricoveri ogni due ore per essere certo che ci fossero sempre posti letto disponibili. In questo anno non ho mai spento il telefono: ho diverse chat con i miei collaboratori per essere sempre aggiornato sulla situazione. Un ricordo sentito va a tutte le persone scomparse in questo periodo, confortati dalla consapevolezza della cura fino all’ultimo da parte dei nostri professionisti, e al dolore dei tanti familiari che hanno dovuto necessariamente vivere il lutto senza il conforto del commiato. Ci sono stati momenti di forte emozione, come l’arrivo dei primi vaccini che ha portato speranza, e ho potuto accogliere innumerevoli testimonianze di grandi valori umani durante questo percorso.

Le giornate sono state scandite per mesi dalle videoconferenze con la Regione, che è stata una solida cabina di regia, dalle riunioni online interne tra le diverse strutture dell’azienda per una organizzazione efficace e dalla preparazione dei bollettini. Le dirette su Facebook per informare in modo puntale e trasparente della situazione in continuo divenire e dei comportanti necessari sono state per me uno sforzo utile e necessario.

La seconda ondata, che in parte ci ha sorpreso per la sua violenza, è iniziata in provincia prima che altrove, ha portato una pressione sugli ospedali doppia rispetto alla prima, un volume di lavoro di diagnostica e prevenzione che ha messo a dura prova la tenuta del sistema e ha condotto a sperimentare soluzioni innovative come i drive in vaccinali e gli screening di massa.

Quali i fattori positivi che sono emersi? Fondamentale la solidarietà dei Cittadini che ci hanno sostenuto con le più diverse modalità, a partire dalle numerose donazioni di beni e denaro e dei Volontari, in particolare della Protezione Civile. Le Istituzioni hanno sempre assicurato una collaborazione fattiva e concreta: ottimo il rapporto con il Prefetto Cogode, con le Forze dell’Ordine nonché con gli Enti Locali e la Protezione Civile. In fondo l’Ulss è diventata un solido riferimento per tutta la provincia in questo periodo.

Cosa si è imparato dalla pademia? A mio avviso, a livello organizzativo, la pandemia ha dimostrato l’imprescindibilità della rete tra le varie componenti del Servizio Sanitario (gli ospedali, la medicina de territorio, la prevenzione e le strutture socio sanitarie) e la necessità di rivedere la gerarchia della priorità. La salute è diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività, come recita la nostra Costituzione: il Covid ci ha insegnato quanto il singolo può e deve fare per tutelare la sua salute e quella della comunità in cui è inserito

Vorrei, da ultimo ma come primo pensiero, ringraziare ancora una volta il personale dell’Ulss Dolomiti che, a tutti i livelli, si è speso con la generosità e la determinazione della gente di montagna, risorsa straordinaria della nostra terra.

Quale indicazioni si sente di dare? Il traguardo è vicino ma non ancora raggiunto: i segnali epidemiologici non ci permettono di abbassare la guardia e la campagna vaccinale non procede veloce come avrei voluto per difficoltà di approvvigionamento.

Andiamo avanti, con prudenza ma con fiducia, fino alla prossima curva, come insegnano i grandi maratoneti.

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